Polonia - Bergson Winter Challenge 2008

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Mancano una manciata di secondi alla partenza, e ascoltiamo un incomprensibile conto alla rovescia in Polacco saltellando per tenere invano i muscoli ad una temperatura accettabile. Un “GO!!” internazionale ci proietta sotto l’arco della partenza e di corsa verso la prima tappa: 5 km di corsa attraverso stretti sentierini di montagna per la prima prova di orienteering che in prossimità delle lanterne si trasforma in una ressa rugbistica per obliterare prima degli altri la scheda.

Stiamo fuori dalla mischia e perdiamo qualche posizione, ma la gara è lunga e il gruppo è naturalmente destinato a sfilacciarsi. Presi dalla fretta allunghiamo intercettando un check point sbagliato ma rimediamo subito portandoci sulla giusta traiettoria. Il primo piccolo petalo di questo circuito a “margherita” si chiude e iniziamo a recuperare qualche posizione.

È ora di inforcare la bicicletta e con le nostre fedeli Leecougan iniziamo una interminabile salita durante la quale recuperiamo diversi team costretti a spingere per la forte pendenza. Le gambe reggono bene ma oramai poco distante dal punto di controllo anche noi siamo costretti a smontare dalla sella per il ghiaccio che rende poco stabile la progressione. Concetto di stabilità che viene rivisitato in discesa dove non è possibile sfiorare i freni e anche camminando si rischiano rovinose cadute.

Superata la parte più in pendenza si procede con maggiore celerità ma siamo costretti a fare i conti con il freddo. La temperatura già rigida viene amplificata dalla velocità in discesa e nonostante i doppi guanti non sento più le dita. Il desiderio di una lunga e ripida salita viene esaudito a meta della notata quando ci inerpichiamo all’interno di una fitta foresta. I profumo del legno di conifera apena tagliato ci accompagna e quando ritroviamo la neve siamo gia vicini alla “ transition area”. Il campo base attrezzato con tende militari aperte e senza pavimento non invoglia alla sosta e dopo un rapido cambio e un veloce rifornimento iniziamo la lunghissima tappa di trekking.

I 60 km prevedono un giro ad anello con passaggi in quota e un dislivello di circa 4000 m.l. ed inizia sulla neve profonda. In breve ci rendiamo conto che i sentieri segnati sulle mappe sono affidabili e tra fango e neve ridiscendiamo verso valle. Ormai albeggia e riguadagnata quota ci godiamo un panorama fantastico prima di raggiungere un'altra squadra.


 

Il C.P. 5  è ancora in salita e ci proietta di nuovo a Piwniczna-Zdrój. Superato il piccolo villaggio verso ovest  seguiamo con un buon passo una stupenda mulattiera selciata. I campi coltivati intervallano microscopici borghi e arcaiche aziende agrarie e  un contadino che ara un campo con l’aiuto di due enormi stupendi cavalli da traino ci proietta in un'altra dimensione temporale: architettura, stile di vita e ci riportano a sfumati ricordi della nostra infanzia e ci fa riflettere sulla superficiale adesione alle mode dell’ultimo minuto mentre qui si “risparmia” senza rinunciare alla tecnologia essenziale.

 

Da li a poco un imprecisione nella mappa ci costa un ora di pattugliamento alla ricerca del C.P.6 e ci fa perdere contatto con una squadra polacca e un team femminile della ceco ma all’arrivo della special task 7 riprendiamo posizioni importanti. A questo punto dopo una faticosa salita sul fango dobbiamo arrampicarci per 20 metri sulla torretta di avvistamento posizionata in cima, timbrare il cartellino e ridiscendere in corda dalla parte opposta. Le braccia sono “acciaiate” ma non ci si ferma e puntiamo diritto alla postazione successiva imboccando, grazie ad una brillante intuizione di Ela, un sentierino che costeggia il fiume attraversando una fitta foresta e confluisce a valle. La maggior parte dei teams hanno percorso una diversa strada e questo ci permette un ulteriore rimonta quando arriviamo alla postazione successiva. 

Per prendere il C.P.8 siamo costretti ad una dura salita che termina in un vecchio fortino in cima ad una collina dalla quale si domina una spettacolare vallata alluvionale. Ora la situazione si fa seria e ripieghiamo verso est con una lunga ascesa in montagna. Un team in crisi cede il passo e quando ritroviamo la neve riprendiamo anche le ragazze Ceche in evidente affanno. Inizia ad imbrunire e il crepuscolo ci vede in cresta con un clima veramente rigido. Inizia a nevicare e nella baita che ospita il punto di controllo successivo alcuni team prendono fiato e consumano una zuppa mentre l’organizzazione procede ad una verifica del materiale obbligatorio. La fatica si fa sentire e percorrere i km successivi sulla neve diventa difficile.


 

Da li a poco scende la nebbia e  una bufera di neve rende difficile anche orientarsi, fortunatamente non perdiamo il sentiero e raggiungiamo l’ultimo picco in località Rek. Attraversare sulla neve le stupende foreste di conifere regala un emozione indescrivibile, i piedi  si trascinano per la stanchezza e per non scivolare, lo sguardo scorre tra l’effimera linea del sentiero e le ombre della montagna mentre la mente spazia in una dimensione indefinita cercando di imprimere le sensazioni uniche che respiriamo. Le gambe corrono meccanicamente e per distrarmi accendo l'MP3. Ancora uno sforzo!

Quando siamo nuovamente al campo base è notte fonda, ci prendiamo una piccola pausa per indossare l’equipaggiamento asciutto da mtb e mangiare qualcosa di caldo. Solo una decina di minuti. Scopriamo qua che molte squadre si ritirano per il freddo e la stanchezza e non ci facciamo allettare dalla tentazione: ci aspetta una lunga, buia discesa sul ghiaccio. Ela da il meglio di sé e quando raggiungiamo il paesino a valle viviamo una sensazione surreale. Il villaggio, neanche tanto piccolo, è deserto; l’assenza di persone, macchine e luci fa apparire spettrale il contesto come fosse una zona contaminata e deserta che in breve ci lasciamo alle spalle.

La  mancanza di sonno si fa sentire. Proseguiamo in piano attraverso improbabili strade asfaltate buie e piene di buche quando veniamo raggiunti da un team Ucraino, procediamo appaiati in discesa per poi intercettare una ripida strada di montagna. Ci infiliamo in una serpentina di fango e raggiungiamo il penultimo check point. Siamo stremati ma il programma di una sosta non risulta attuabile per il freddo e decidiamo di proseguire ugualmente. Il rischio di addormentarsi in sella è tangibile e anche l’illuminazione inizia a scemare ma proseguiamo aspettando la seconda alba di gara.

Solo il valico di una catena montuosa ci separa dall’arrivo ma le difficoltà sono enormi. Innanzitutto il sonno annebbia i riflessi e in breve iniziano le allucinazioni, poco più su facciamo anche i conti con la neve alta, questa volta non si riesce a stare in sella ne in salita ne, dopo aver superato la cresta,  in discesa ma oramai e fatta! La luce oramai alta e il miraggio dell’arrivo cancellano il sonno e alimentano il residuo di energia che ci portiamo dentro.


 

Ritrovato l’asfalto dopo una discesa molto tecnica affrontiamo l’ultimo ostacolo: il superamento di un fiume in corda con una tirolese trascinando anche le bici. Il lavoro di braccia è estenuante ma il traguardo e dall'altra parte del fiume a pochi minuti. È fatta ci affianchiamo in bici e dopo 36 ore e 22 minuti tagliamo il traguardo in diretta su “radio Varsavia”.  

Siamo 31° in classifica assoluta e 4° dei teams misti. Ancora incredulo mi guardo intorno e assaporo tutta la gioia per aver superato la prova, giorni di allenamento e sacrificio hanno dato il loro frutto grazie alla collaborazione e il supporto della Lee Cougan, Atlos Spor Club, Delphina Srl, Easy Sport e la determinazione di Ela, compagna d'avventure che, nonostante grossi problemi al ginocchio, ha portato a termine con successo questa durissima prova.

Ottimo il giudizio anche sull'organizzazione che ha brillantemente supervisionato la gara e selezionato località e percorsi estremamente scenografici e selvaggi. 

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